1, 2, 3, …, 91

Imboccai la strada per Uccea dove avrei attraversato il confine con la Slovenia. Una strada tortuosa che si arrampicava disperatamente nella foresta e sulle pareti rocciose della montagna. Sul percorso alcune rocce cadute. La topografia era drammatica e la nebbia e la pioggerellina rendevano tutto ancora più mistico.

Non vi era nessuno e io ne ero felice: potevo guidare rilassata e sicuramente non avrei trovato colonna alla dogana. Dopo 30-40 minuti (e ca. 20 tornanti) a quasi 1 km dalla dogana: booom! … La strada era chiusa. Nooooo!

“Stanno sistemando la strada. C’è un cartello a valle che indica che la strada è chiusa!”. Mi sento rimproverare da una donna che lavorava in un piccolo bar a Uccea (e che non ha vinto miss-simpatia). Sorrisi cercando di innalzare il mio karma: “Ho solo seguito il cartello “Slovenia” e non c’era nulla che indicasse che la strada è chiusa”. Beh, niente da fare. Sono ritornata indietro, ripercorrendo i 20 tornanti e informando gli altri avventurieri che il passaggio era impraticabile.

Parco nazionale Triglav

Pensavo che il valico doganale a Tarvisio sarebbe stato un’agonia. La cosa che mi preoccupava di più era che mi mancava un certificato veterinario per Dimitri … non vi era anima viva. La dogana slovena, un po’ malandata con le tapparelle scassate, era deserta.

Dopo qualche chilometro presi senza esitazione una strada che indicava un parco nazionale. Lo ammetto: non avevo nessuna idea di dove e cosa vedere nel paese più verde d’Europa. Non so, ma per qualche arcano motivo pensavo che avrei attraversato la Slovenia abbastanza velocemente.

Cascata Boka … dove ho quasi perso il mio drone.

Amore a prima vista. Natura pura. Selvaggia. Pulitissimo. Tutto ben conservato. Il meteo era terribile. Ma nonostante la nebbia e la pioggia il paesaggio e l’atmosfera erano incantevoli … la strada un po’ meno: stretta, ripida, tortuosa, in parte acciottolata… meglio della strada per Uccea, ma comunque una sorta di “déjà vu”.

Goljek

Ma cosa sono questi numeri? 17, 18… aaaah! È il numero dei tornanti. Ne ho già percorsi 18! … 25, 26 … ma che diavolo?! Spuntano alcuni cicloviaggiatori nella direzione opposta: facce stravolte, vestiti fradici. Ero contenta di essere nel mio Pajero. Il riscaldamento acceso. Musica piacevole in sottofondo. Piedi al caldo. Ricordo bene quella sensazione di pedalare in condizioni atmosferiche terribili … 32, 33 … Santocielo! Cominciavo a sentire la stenchezza … 41, 42, 43 … oooooh bastaaa! … 50, 51! Eh sì, quella era la strada della Val Trenta. A quanto pare è abbastanza famosa per i suoi 51 tornanti. Ciò significa che in un pomeriggio ho percorso 91 tornanti … una campionessa (ironico).

Tramonto in Bukovica

Ma più della strada era il meteo a stancarmi. Pioggia battente ed interminabile. Un giorno sembrava che stessero gettando secchiate d’acqua sul parabrezza. Umidità alle stelle. Vestiti umidi. Sacco a pelo umido. Gatto umido. Era davvero una sensazione sgradevole.

Impressioni slovene

Ma fortunatamente vi sono stati incontri che hanno riscaldato il cuore. Davanti alla cascata Boka mi si affianca un’auto con targa ticinese (!). Subito inizia una piacevole chiacchierata con Marica (di origine slovena) e Tino. Siamo finiti in un bar a Kobarid davanti ad un cappuccino. Oppure la simpaticissima coppia Dario e Francesca con cui abbiamo condiviso molte opinioni, risate e filosofie di vita. E la dolcissima coppia di olandesi con i loro due bambini piccoli con cui abbiamo scambiato esperienze di viaggio. E poi, naturalmente, la gente del posto: molto cordiale (e molto competente con la lingua italiana!), orgogliosa, ancorata alle tradizioni, usi e costumi. Il tutto era addolcito da una cucina genuina, di prodotti locali e veramente deliziosa.

Non sapevo praticamente nulla della Slovenia. Prendermi il tempo per visitarne una parte mi ha permesso di conoscerne meglio la cultura, le tradizioni e la storia.
Pensare che la bellissima valle dove scorre l’incantevole fiume Isonzo (Soca) è stata teatro di importanti battaglie durante la Prima Guerra Mondiale … Più di 300’000 caduti tra italiani ed austro-ungarici … se le sponde del fiume potessero parlare! Continuavo a pensare a quanti giovani sono morti in questa regione. Sicuramente tanto giovani quanto quelli che oggi vengono qui per una dose di adrenalina praticando rafting, canyoning e altre attività ricreative.

Fiume Isonzo
Goljek

Mi sarebbe piaciuto vedere di più di questo paese. Avrei potuto in realtà, ma volevo continuare il mio viaggio verso sud per non perdermi i colori autunnali di altre regioni balcaniche di cui avevo sentito parlare molto molto bene … e credo sia stata la decisione giusta! Ma di questo vi parlerò nel prossimo post.

Un abbraccio

Stefi and Dimitri